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APPROFONDIMENTO
Basta un attimo, un banale errore informatico, e un’intera azienda può ritrovarsi senza più un byte dei propri dati. Non è un’esagerazione: è successo davvero ed è diventato di pubblico dominio qualche settimana fa (fonte), e le conseguenze sono state catastrofiche. In questo articolo analizziamo un caso reale – quello di una tipografia svizzera costretta al fallimento dopo la perdita completa dei dati aziendali – per capire cosa è successo, quali errori sono stati commessi e perché ogni impresa dovrebbe preoccuparsi di avere strategie adeguate di protezione dei dati. Parleremo di backup automatizzati, piani di disaster recovery e misure di sicurezza IT, spiegando in modo accessibile le buone pratiche da adottare. Anche se la tua azienda non è obbligata dalla normativa NIS2, scoprirai perché non puoi permetterti di ignorare questi rischi.
CASO REALE
Basta un attimo, un banale errore informatico, e un’intera azienda può ritrovarsi senza più un byte dei propri dati. Non è un’esagerazione: è successo davvero, e le conseguenze sono state catastrofiche. In questo articolo analizziamo un caso reale – quello di una tipografia svizzera costretta al fallimento dopo la perdita completa dei dati aziendali – per capire cosa è successo, quali errori sono stati commessi e perché ogni impresa dovrebbe preoccuparsi di avere strategie adeguate di protezione dei dati. Parleremo di backup automatizzati, piani di disaster recovery e misure di sicurezza IT, spiegando in modo accessibile le buone pratiche da adottare. Anche se la tua azienda non è obbligata dalla normativa NIS2, scoprirai perché non puoi permetterti di ignorare questi rischi.
Protagonista, suo malgrado, di questa storia è una tipografia svizzera, fondata nel 1956, che impiegava circa 30 persone ed era un punto di riferimento locale. Eppure è bastato un singolo errore umano durante un’operazione di backup per mettere in ginocchio l’intera attività. Tutto è iniziato nel giugno 2022, durante un intervento sui sistemi informatici. Un tecnico di una ditta esterna (affidataria della gestione software) ha cancellato per sbaglio tutti i dati dell’azienda. In un istante, l’intero patrimonio digitale – dai documenti amministrativi ai database gestionali – è sparito. Si tratta di terabyte di informazioni accumulati in decenni di attività, eliminati a causa di un comando sbagliato. La situazione, già grave, aveva un ulteriore lato oscuro: pare che l’errore abbia eliminato anche le copie di sicurezza disponibili, rendendo impossibile recuperare i dati persi. In pratica, anche i backup sono andati distrutti. Le conseguenze sono state devastanti. La tipografia non è stata più in grado di ripristinare i dati cancellati e ha dovuto fermare quasi del tutto le operazioni. Per circa dieci settimane l’azienda è rimasta senza sistema gestionale ERP (Enterprise Resource Planning), paralizzando di fatto la produzione e l’erogazione dei servizi. L’intero sistema informatico ha dovuto essere ricostruito da zero, un processo lento e costoso. In quelle dieci settimane di buio digitale, l’azienda ha accumulato ritardi, disservizi e perdite economiche enormi. Dal punto di vista finanziario, il danno è stato letale. Si stima che il blackout informatico sia costato oltre 750 mila franchi svizzeri (circa 780 mila euro) tra mancati ricavi e costi di ripristino. Purtroppo l’assicurazione ha coperto solo una piccola parte di questa cifra, lasciando l’azienda esposta a spese insostenibili. La tipografia, già sotto pressione per le difficoltà del mercato, non si è mai più ripresa da questo colpo: dopo una lenta agonia, nei primi mesi del 2025 ha dichiarato insolvenza ed è stata costretta a chiudere i battenti. Trenta posti di lavoro sono andati perduti in un lampo. Un intero business, costruito in oltre mezzo secolo di storia, è stato annientato da un singolo evento: un errore di backup fatale.
Backup non sufficientemente sicuri e ridondanti: Il problema più grave è stato l’insufficienza della strategia di backup. Tutti i dati e le loro copie di sicurezza erano conservati in modo tale che un singolo errore li ha cancellati in blocco. In altre parole, non esisteva un backup isolato o “a prova di errore”.
Errori umani non mitigati da procedure di sicurezza: L’incidente è nato da un errore umano – qualcosa che può capitare a chiunque. Tuttavia, nelle aziende ben preparate l’errore umano non dovrebbe mai poter cancellare ogni dato senza un “paracadute”.
Mancanza di un piano di disaster recovery operativo: È evidente che l’azienda non disponeva di un piano di disaster recovery efficace e immediatamente attuabile. Il risultato? Dieci settimane di fermo totale del sistema ERP e dei processi aziendali chiave.
Sottovalutazione dei rischi e fiducia eccessiva: Sembra che vi sia stata una sottovalutazione del rischio di perdita dei dati. L’azienda si affidava a un provider esterno per la gestione IT, presumendo forse che bastasse quello a stare al sicuro, senza controllare direttamente lo stato dei backup o effettuare verifiche periodiche.
Backup automatici frequenti e multipli: Segui la regola del 3-2-1: almeno tre copie dei dati, su due supporti diversi, con una copia off-site (es. in cloud).
Backup isolati o immutabili: Implementa soluzioni che impediscano la modifica o la cancellazione accidentale delle copie di backup, anche in caso di attacco ransomware.
Verifica e test periodico dei backup: Un backup è utile solo se funziona. Simula regolarmente il recupero dei dati per verificare che tutto sia integro e ripristinabile.
Piano di disaster recovery e continuità operativa: Definisci chiaramente RPO (quanto puoi perdere) e RTO (quanto puoi stare fermo). Prevedi procedure, ruoli e ambienti alternativi.
Sicurezza IT e controllo degli accessi: Limita i permessi, forma il personale, monitora le attività critiche. La sicurezza passa anche dalla prevenzione degli errori umani.
La direttiva europea NIS2 impone obblighi a molti settori strategici, ma i rischi informatici non colpiscono solo chi è soggetto alla normativa. Come dimostra il caso svizzero, anche una PMI può essere annientata da un errore o da una mancanza di protezioni. Le statistiche sono chiare: oltre il 60% delle aziende che perdono dati in modo significativo chiudono entro 6 mesi. Nessuna impresa può permettersi di ignorare la protezione dei propri dati.
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